Siamo nati per comunicare sostanza. E oggi è il nostro compleanno.
34 anni fa ci chiamavamo Prima: un po’ per questa voglia di innovare ed essere sempre sul pezzo, un po’ perché era l’acronimo dei nomi dei fondatori.
Abbiamo cambiato nome. Ora ci chiamiamo Goodwill perché racchiude lo spirito propositivo e l’apertura internazionale che ci ha sempre contraddistinto.
Abbiamo assistito alla rivoluzione digitale, mettendo ciò che di prezioso avevamo imparato nel nostro storico percorso al servizio dei nuovi strumenti del comunicare.
Abbiamo visto crescere il numero dei nostri collaboratori, perché sempre più aziende si sono riconosciute nei valori del nostro lavoro e ci hanno chiesto di accompagnarli nel loro percorso di visibilità.
Abbiamo riso e abbiamo sofferto lavorando fino a tardi, abbiamo studiato, abbiamo gioito per gli obiettivi raggiunti e ci siamo anche arrabbiati quando le cose non sono andate esattamente come volevamo. È la nostra vita e ne siamo felici e soddisfatti.
Perché l’obiettivo è da sempre lo stesso: comunicare sostanza.
Tanti auguri a noi!
Il growth hacking è un processo di sperimentazione rapida e low cost che, attraverso diversi canali di marketing, aiuta ad individuare i migliori benchmark per un business. Le strategie utilizzate, contrariamente a quanto operato tradizionalmente, sono innovative e poco dispendiose, come ad esempio Social Network e Viral marketing.
Il growth hacker è così colui che si occupa di monitorare, in tempi stretti, la crescita delle campagne e l’apporto concreto che queste possono dare. Ciò si può attivare mettendo in moto tutte le proprie competenze e possibilità in ambito di digital Pr con un approccio multicanale smart.
Si tratta di una metodologia veramente efficace?
La tecnica di growth hacking, per i costi contenuti e per la rapidità di risposta, è particolarmente adatta alle realtà di PMI o per le Start Up che hanno interesse a far crescere in fretta il loro processo.
Testare differenti soluzioni attraverso rapidi esperimenti può essere una strategia vincente per realtà che stanno nascendo o, nel caso di realtà aziendali, che riescono a scomporre micro-obiettivi facili da monitorare. Se una delle necessità del vostro brand è, per esempio, aumentare i follower sulla pagina facebook, potete in soli 30 giorni ottenere un risultato che vi racconta di come “pubblicando 20 post al mese aumentano i like del 10%”. L’importante è partire dalla domanda giusta.
La risposta vi piacerà? Potrà anche deludervi e dirvi che non siete sulla retta via. E questo è già un grande risultato.
Il processo coportamentale di oggi è più parcellizzato, più “liquido” e non vincolato a canoni predefiniti. La scelta dell’hotel, del cibo e dell’arredamento di casa: il fattore comune determinante è la condivisione dei valori del brand.
Il 73% degli italiani è online, vale a dire che oltre 43 milioni di persone navigano su internet nel nostro paese.
A livello globale la percentuale di utenti presenti sui social ha registrato un +13%. I dati parlano chiaro: sempre più persone passano tempo online per socializzare e informarsi. Numeri, questi, che dovrebbero convincere sempre più aziende a mettere al centro della loro strategia la comunicazione digitale.
Ma se a livello globale Facebook continua a dominare nettamente lo scenario dei social network, nel nostro paese la piattaforma di Mark Zukerberg si contende il primato con Youtube: ciò vuol dire che il format video in Italia coinvolge moltissimo gli utenti.
Un altro dato interessante è rappresentato dal tasso di engagement medio per i post di video su facebook, che è di 7,69%: quasi il doppio rispetto a post contenenti link o semplici foto.
Di fatto i video rappresentano i contenuti più apprezzati, visualizzati, condivisi e commentati da Facebook.
Se gli utenti preferiscono guardare i video, siano essi live o in differita, rispetto a contenuti statici, i brand non possono rimanere a guardare questo fenomeno senza agire per sfruttare al meglio le possibilità persuasive dei video.
Se le immagini e i link restano il contenuto più usato dalle imprese (al 95%), la tendenza rilevante dovrà essere, nel prossimo futuro, di sfruttare al meglio le funzionalità presenti sui social, Facebook e Instagram in primis. La tendenza più rilevante è infatti rappresentata dalle storie, ossia la possibilità di creare degli slide show di immagini e brevi video visibili per 24 ore (feature presente su Facebook, Snapchat e Instagram). Si tratta della possibilità di essere visibili per 24 ore nei feed dei propri utenti, opportunità non ancora colta appieno dalle imprese. Sono infatti solo il 42% le aziende che utilizzano questa funzionalità: percentuale bassa se si pensa che Instagram storeis è utilizzato da oltre 200 milioni di persone.
(dati Digital in 2018 di Hootswite e Ricerche su dati Eurostat per Rapporto Coop 2017)
Le importanti scommesse che il più popolare social network del mondo deve affrontare per l’anno in corso, come la questione della privacy e delle fake news, hanno spinto i vertici di Facebook a pensare delle nuove modifiche ai propri algoritmi. Benissimo per i profili privati, ma per le pagine dei brand?
Zuckerberg ha dichiarato che l’obiettivo degli ultimi cambiamenti apportati è un incoraggiamento di “interazioni sociali significative con famiglia e amici (…) meno contenuti pubblici – tra cui notizie, video e post dei brand”.
È ora la community a valutare l’autorevolezza delle informazioni diffuse, dato che, continua Zuckerberg, "Abbiamo deciso che il fatto che la comunità determini quali fonti siano ampiamente affidabili offre una maggiore obiettività”.
Di conseguenza, i post che hanno risalto nel News Feed Facebook sono quelli con il maggior numero di reazioni, commenti o condivisioni. Fiducia e coinvolgimento diventano i criteri per premiare la visibilità, anche dei brand.
La sfida, ancora una volta, è quella di creare contenuti di valore, capaci di stimolare conversazioni tra le persone e risposte positive. Ciò è possibile solo con una strategia editoriale efficace e costante.
D’altra parte, per gestire al meglio il social media marketing delle aziende su Facebook, servirà inevitabilmente un maggiore impegno negli investimenti pubblicitari delle pagine dei brand. Non sono necessari budget elevatissimi, l’importante è cogliere il momento giusto per far arrivare il messaggio corretto al proprio target di riferimento.
“Non voglio che sia facile. Voglio che ne valga la pena” [Anonimo]
"Il patrimonio culturale è al centro del modello di vita europeo. Definisce chi siamo e crea un senso di appartenenza. Il patrimonio culturale non è fatto solo di letteratura, arte e oggetti, ma anche dei saperi artigianali tramandatici, delle storie che raccontiamo, del cibo che mangiamo e dei film che vediamo. È necessario preservare il nostro patrimonio culturale e farne tesoro per le generazioni future.”
Parole, quelle di Tibor Navracsis, commissario europeo per la cultura, la gioventù e lo sport, che vanno dritte al cuore del nobile intento dell’istituzione di questa iniziativa.
La creazione di un anno interamente dedicato alla cultura europea è un’occasione per tutti noi, con i diversi ruoli e le diverse aspirazioni che abbiamo nelle nostre attività quotidiane, per ricordarci più spesso dell’importanza sociale ed economica del patrimonio culturale.
Non solo le arti, ma come ben sappiamo noi di Goodwill, che ci rapportiamo ogni giorno con realtà virtuose e performanti, l’Europa vanta un inestimabile bagaglio di eccellenze nei diversi settori: dal design all’architettura, dal food al fashion.
In Italia, in particolar modo, dobbiamo imparare a valorizzare il nostro patrimonio e il nostro “saper fare” anche attraverso il prezioso ausilio della comunicazione tradizionale e digitale. Solo così sapremo far conoscere la qualità della nostra industria e delle nostre produzioni culturali.
Siamo entusiasti di questa iniziativa e aderiremo agli eventi che verranno organizzati in occasione di questo anno importante per la cultura europea.
Il mondo dei media sta affrontando oggi enormi cambiamenti in termini non solo di contenuti, ma anche di distribuzione e advertising. A governare l'editoria ci sono nuove logiche, di cui è necessario prendere atto per poter proporre ai nostri clienti una pianificazione efficace: proprio per questo motivo abbiamo dedicato il quinto incontro di #GoodwillInTraining all'analisi dello stato attuale dei media, indagando le migliori azioni da portare avanti in una strategia di media planning.
Un nostro partner Media Specialist ci ha presentato un excursus sul panorama delle realtà editoriali per noi più interessanti, sia a larga diffusione che specializzate. Con uno sguardo attento e mirato sulla situazione corrente, abbiamo analizzato i dati complessivi di performance sia delle diverse testate che delle varie modalità di comunicazione oggi disponibili (content adv, native adv, display adv, adwords, ecc.), per comprendere al meglio le nuove e innovative soluzioni realizzabili in partnership con gli editori in ambito di advertising.
Un'analisi necessaria per acquisire una visione completa del settore con cui dialoghiamo e ci confrontiamo tutti i giorni. La gestione degli investimenti sui media non è mai stata così complessa e sempre di più sono i fattori da valutare nella realizzazione dell'attività di media planning: il nostro impegno è finalizzato ad assicurare ai nostri clienti una presenza mediatica non solo maggiore, ma soprattutto qualificata ed efficace.
Ogni giorno ognuno di noi riceve decine di mail che derivano dalle attività di Marketing Automation; e noi stessi abbiamo seguito lo sviluppo di alcuni progetti che utilizzano questa tecnica.
Ma è davvero un sistema vitale per vendere online? È quello che ci siamo chiesti nel quarto incontro di #GoodwillinTraning.
Se da un lato è un sistema che agevola, attraverso software che consentono di automatizzare alcune attività ripetitive di marketing, la generazione di lead, dall’altro oggi le nostre caselle di posta, email, sms etc, sono invase da questo tipo di messaggi.
Ma questi invii sono davvero efficaci per cogliere l’interesse del consumatore e persuaderlo ad acquistare i prodotti o i servizi che gli consigliamo? Analizzando alcuni casi, ci è capitato di vedere campagne il cui unico obiettivo di arrivare alla vendita oscurava tutto il resto, tra cui soprattutto lo sviluppo di contenuti di qualità. Ed è proprio uno degli errori.
Se le campagne di Marketing Automation non sono ben studiate e non apportano dei contenuti di reale interesse per i consumatori, si rischia di generare un calo degli indici di apertura che non portano altro che alla perdita di quei lead tanto desiderati.
Così, dopo aver osservato case histories relative a diverse tipologie di clienti e settori merceologici, è emerso che per ottenere dei risultati da quel “pericoloso” strumento che è il Marketing Automation non si può prescindere da quello che oggi è il re della comunicazione, il contenuto.
Investire sul "dove" o sul "chi", dare più importanza alla visibilità o alla performance, affidarsi alle logiche del Programmatic Advertisment o alla profilazione di Facebook e Google Display? Queste le domande su cui ci siamo interrogati nel settimanale incontro di aggiornamento #GoodwillInTraining, coordinato questa settimana dalla nostra collega Sara.
Negli ultimi anni sono aumentate esponenzialmente le possibilità e le tipologie di advertisment: dal display, al contextual, dal remarketing fino al programmatic. Quest'ultima in modo particolare si è affermata grazie alle logiche di automatizzazione nella pianificazione dei messaggi pubblicitari online, avvalendosi di piattaforme tecnologiche estremamente performanti che mettono in comunicazione diretta buyer e seller.
Ma quanto può essere interessante fare programmatic? Tutto dipende dagli obiettivi: se l'utilizzo dei display online "tradizionali" è legato maggiormente ad una questione di awareness, il programmatic punta più sulla performance, permettendo l'erogazione di banner e content (anche articoli e messaggi informativi) su un’audience interessata nel momento in cui è più ricettiva. Bisogna tuttavia tenere in considerazione l'invasività di banner e skin rispetto, ad esempio, ad un post sponsorizzato su Facebook: gli utenti potrebbero considerare il messaggio così posizionato come invadente, e rifiutarlo a priori.
Molti sono state le considerazioni emerse durante la riunione, in cui abbiamo esplorato dati e tematiche annesse, nonché case histories relative a diverse tipologie di clienti e settori merceologici. L'impegno che ci siamo proposti è stato quello di andare al di là della lettura dei meri dati relativi alle campagne per capire il reale livello di efficacia di questo strumento e riuscire ad utilizzarlo al meglio all'interno delle strategie di comunicazione.
Colori saturi, gradienti, font di grandi dimensioni, animazioni e caos apparente. Durante il nostro secondo momento di aggiornamento, grazie al contributo del nostro art Andrea, la stanza si è riempita di idee, ispirazione e un'accesa discussione sui trend in voga nel mondo della grafica e del web design.
Se fino a qualche anno fa lo stile minimal, il "less is more", i colori freddi e le geometrie ordinate predominavano nella realizzazione di grafiche e siti web, il 2017 ha assistito ad un rinnovamento di questi canoni, preferendo una sperimentazione e una ricerca verso l’originalità.
Elemento di rottura decisiva è il colore: non più toni di assoluta pulizia ma dinamici, saturi, accesi, in contrasto l'uno con l'altro. Particolarmente interessante è il continuo uso di gradienti accostati a testi di grandi dimensioni, ad una tipografia ricca, varia e di font outlined o handwritten. Le componenti visive spezzano gli schemi, creano "confusione", attirano per l'intensa espressività.
A tutto ciò si unisce una sempre maggior uso delle animazioni, delle gif e dei video che creano all'interno del sito web quasi un viaggio esperienziale, una completa immersione nel mood che caratterizza il brand. E' l'interazione a fare da padrona, attraverso animazioni morbide e continue che accompagnano l'utente durante tutta la visita, mantenendo alta la sua attenzione.
E infine la tensione sempre più importante verso l'ottica mobile: da qui l'aumento di siti con griglia a una o due colonne, perfetti per essere responsive.
Non sono poche, quindi, le cose da tenere conto nella creazione di grafiche e siti attuali, che risultino eye-catching e che immergano il visitatore sempre più in una vera e propria esperienza. E noi di GoodwillPR siamo pronti a questa sfida!